Nell’ultimo decennio, l’Italia ha visto una serie di modifiche alle sue leggi in materia di televisione. I cambiamenti più significativi riguardano il modo in cui i contenuti vengono trasmessi, il tipo di contenuti che possono essere trasmessi e il modo in cui gli spettatori interagiscono con i contenuti televisivi. Tra i cambiamenti più importanti c’è quello del digitale terrestre che sembra andare ad integrare quella che è stata una delle leggi più importanti per la TV: quella Mammì degli anni ’90.
Regolamento per le trasmissioni televisive
Nel 2009 l’Italia ha approvato una legge che impone a tutte le emittenti di ottenere una licenza dal Ministero dello Sviluppo Economico (MISE). Questa legge è stata progettata per garantire che le emittenti rispettino determinati standard e regolamenti in termini di programmazione e pubblicità. Inoltre, ha conferito al MISE il potere di regolare e monitorare l’attività radiotelevisiva.
Un altro cambiamento è stata l’introduzione della televisione digitale terrestre (DTT). Ciò ha consentito agli spettatori di accedere a più canali che mai, oltre a offrire una migliore qualità dell’immagine e del suono. Tuttavia, ciò ha comportato anche un aumento dei canoni di abbonamento per alcuni canali. Per compensare questo aumento, il MISE ha introdotto un nuovo sistema di finanziamento pubblico per alcune tipologie di palinsesto come i telegiornali e gli spettacoli per bambini.
Restrizioni sui contenuti
L’ultimo decennio ha visto anche un aumento delle normative sui tipi di contenuti che possono essere trasmessi in televisione. Ad esempio, nel 2011 il governo ha introdotto il divieto di trasmettere qualsiasi tipo di materiale “offensivo” durante le ore di prima serata (dalle 20:00 alle 23:00). Questo divieto includeva violenza o riferimenti sessuali, nonché qualsiasi tipo di commento politico o dibattito religioso. Inoltre, tutti i programmi contenenti materiale che poteva essere considerato “controverso” non potevano essere trasmessi tra le 6:00 e le 9:00 e tra le 23:00 e le 6:00.
Interattività
Infine, negli ultimi 10 anni l’Italia ha registrato un aumento delle tecnologie interattive utilizzate dai telespettatori. Molti canali ora offrono servizi di streaming online in cui gli spettatori possono guardare i loro programmi preferiti ogni volta che lo desiderano. Inoltre, ora sono disponibili numerose applicazioni che consentono agli spettatori di accedere a informazioni aggiuntive sui programmi che stanno guardando o persino di controllare la propria esperienza di visione creando playlist personalizzate o impostando promemoria per i prossimi spettacoli o film che sono interessati a guardare. Tutte queste funzionalità hanno reso più facile che mai per gli spettatori italiani godersi i loro programmi preferiti senza doversi preoccupare di perdere qualcosa a causa di conflitti di programmazione o limiti di tempo.
Leggi italiane sulla TV: cosa dice il decreto Mammì
Il panorama televisivo italiano è stato modellato da una serie di leggi, in particolare la Legge Mammì. La legge, che prende il nome dal suo principale sponsor Umberto Mammì, è stata approvata nel 1990 e stabilisce vari requisiti relativi alla proprietà dei media, alla pubblicità e alla programmazione.
La Legge Mammì mira a diversificare il panorama mediatico italiano regolando la proprietà e la pubblicità. Lo fa limitando il potere delle grandi società di media, come Rai (l’emittente pubblica) e Mediaset (la più grande emittente privata), che altrimenti avrebbero troppo controllo su ciò che appare sugli schermi televisivi italiani. La legge cerca anche di aprire maggiori opportunità per le emittenti indipendenti introducendo un sistema di licenze che consente ai nuovi canali di competere sul mercato.
Inoltre, la Legge Mammì disciplina la pubblicità nei programmi televisivi al fine di tutelare i consumatori da pubblicità eccessive o ingannevoli. Per raggiungere questo obiettivo, limita le interruzioni pubblicitarie nei programmi radiofonici e televisivi a sei minuti all’ora durante le ore di punta (dalle 19:00 alle 23:00) ea quattro minuti all’ora durante le ore non di punta. Proibisce inoltre determinati tipi di pubblicità ritenuti potenzialmente dannosi o offensivi per gli spettatori (ad esempio, prodotti del tabacco).
Infine, la legge garantisce ai telespettatori italiani l’accesso a una programmazione televisiva di qualità, imponendo alle emittenti di dedicare almeno il 50% della propria programmazione giornaliera a contenuti educativi o culturali — quali telegiornali, documentari e programmi educativi — nonché il 20% della il loro programma settimanale alle opere europee. Ciò aiuta a garantire che gli spettatori italiani siano esposti a una varietà di contenuti provenienti da fonti nazionali e internazionali.