Se parliamo di qualsiasi strumento o minuteria ad un esperto di bricolage, sicuramente lo troveremo entusiasta e pronto a parlarci a lungo e diffusamente di funzionamento, caratteristiche, costruzione e differenze fra i vari modelli sul mercato; tuttavia, per buona parte di noi (che non condividiamo questa passione) le differenze per lui così evidenti potrebbero sembrare decisamente minime, e soprattutto per alcuni oggetti potremmo davvero faticare perfino ad accettare che esista una qualsiasi diversità. Un esempio che si adatta perfettamente a questo caso è quello delle viti: a prima vista, per il profano, sono tutte pressoché identiche, ma allo sguardo dell’esperto si tratta di oggetti costruiti per usi specifici, e molto diversi. E proprio a degli esperti – lo staff di IPL, un costruttore italiano di viteria speciale – ci siamo rivolti per imparare come classificare le viti.
Per prima cosa, ci hanno spiegato, possiamo analizzare la forma della vite stessa. Per quanto riguarda lo stelo, le viti sono differenziate dal passo del filetto, ossia dallo spazio fra le spire che lo avvolgono; più numerosi sono invece i criteri relativi alla testa della vite stessa. Se ne guardiamo la forma, infatti, potremo distinguere viti a testa tonda, a testa piatta, e a testa svasata: le prime due si spiegano da sé, mentre la terza tipologia ha una testa a tronco di cono, costruita per avvitarsi fino in fondo e non sporgere dalla superficie del pezzo. Se invece consideriamo l’invito, ossia l’alloggiamento per il cacciavite, distingueremo viti a taglio, a croce, o a brugola.
Rimanendo sempre sull’analisi della vite stessa, abbiamo poi un altro grande criterio di distinzione, ossia quello in base al tipo di materiale di cui è composta. Buona parte delle viti, infatti, è realizzata in acciaio, una lega resistente e robusta sotto il profilo meccanico che la rende adatta a una larga varietà di impieghi generici; ma esistono casi in cui questo tipo di vite è inadatta. Il più comune è quello in cui la vite sarà esposta alle intemperie, o ad un elevato tasso di umidità: in questo caso l’acciaio, vulnerabile all’ossidazione, deve esser sostituito con altri metalli e leghe, e abbiamo quindi viti di bronzo, di rame, di ottone o di nickel – tutte inattaccabili dalla ruggine.
Ultimo fra i criteri elementari per classificare le viti è quello relativo sempre al materiale, ma non quello di cui sono composte le viti stesse, bensì quello dei pezzi che andranno a connettere. Le due famiglie principali, qui, sono le viti da legno e le viti da ferro, oggetti ben diversi. La vite da legno infatti richiede solitamente un pre-foro eseguito a trapano o succhiello, e può essere realizzata in materiali diversi dato che non incontra grande resistenza. Nella vite da ferro, invece, innanzitutto la struttura è autofilettante, ossia in grado di scavare la propria sede nella lastra di metallo mano a mano che viene avvitata; oltre a questo, vista la durezza del materiale da perforare, la vite è solitamente fatta solo in acciaio duro. Come vedevamo poco fa, naturalmente, questo crea i noti rischi di corrosione (ancora più gravi laddove la ruggine rischi di estendersi anche ai pezzi montati) che devono essere evitati sottoponendo le viti ad un trattamento di nichelatura o zincatura anti-ossidazione.